Una volta indumento egalitario. A scuola l'ombra del grembiule.
DIETRO IL GREMBIULE, CHE COSA?
Quando una parlamentare della Commissione istruzione della Camera dei deputati ha buttato lì, tanto per dire, l’idea di reintrodurre l’uso del grembiule nelle scuole, forse non si aspettava che il Ministro Gelmini avrebbe subito risposto che si può fare e che, a partire da quel momento, il glorioso indumento delle nostre infanzie scolastiche sarebbe passato dagli austeri notiziari parlamentari alla leggerezza delle cronache. I pedagogisti, gli psicologi, lo scrittore alla moda e il sindacalista hanno detto la loro, offrendo un interessante campionario di posizioni, di analisi, di riferimenti storici, che hanno chiamato in causa persino l’anno di svolta per antonomasia, l’anno dei portenti, il ’68.
Si è detto, con evidente riferimento alla scuola primaria, che l’uso del grembiule favorirebbe negli alunni lo sviluppo del senso di appartenenza, e conferirebbe valenze positive e motivanti alla scuola, allo studio, e alle relazioni coi docenti e coi compagni. Promuoverebbe l’igiene e il senso dell’ordine e della disciplina. Eliminerebbe le odiose competizioni consumistiche connesse alla ricerca degli indumenti griffati. Suggerirebbe l’idea che a scuola tutti gli allievi sono uguali, e si sa che l’uguaglianza è un obiettivo educativo che nessuna scuola tralascia di menzionare nella programmazione educativa e nel Piano dell’offerta formativa.
In effetti, la riscoperta di questo umile indumento egalitario e identitario dal sapore antico si carica di significati che ne fanno qualcosa di più di un semplice ritorno al passato. Certo, in coloro che hanno una certa età, la nostalgia contamina i ricordi ed è di ostacolo ad una valutazione pedagogica equilibrata. Bianchi per le femmine e azzurri per i maschietti, poi azzurri per tutti, distinti per grado grazie ai fiocchi celesti, rosa, gialli, azzurri e rossi, maestre e maestri ben conoscevano le valenze educative di quell’indumento semplice e uguale per tutti, e i valori ch’esso suggeriva, di ordine e pulizia, di disciplina e di rispetto per se stessi, per l’insegnante e per la scuola.
Uguali? Beh, uguali del tutto proprio no. Col passare degli anni, l’azzurro stingeva con rapidità ineguale da caso a caso. Capitava che si ereditasse il grembiule del fratello maggiore. E chi non ricorda certi grembiuli in classe prima, lunghi fino alle caviglie, quasi dei soprabiti, perché dovevano durare cinque anni, e, cinque anni dopo, potevamo vederli ancora indosso agli stessi alunni, simili alla giacchetta di Pinocchio, perché nel frattempo chi c’era dentro era cresciuto, soprattutto in altezza, mentre l’indumento era rimasto tale e quale o forse si era anche accorciato e ristretto, chi può saperlo? E qualcuno ricorderà che il lunedì capitava spesso che l’allievo venisse a scuola privo del prezioso accessorio, perché la mamma aveva approfittato della domenica per lavarlo, e l’inclemenza del tempo aveva impedito che si asciugasse in tempo utile.
Poi era venuto il ’68, che, volendo cambiare il mondo, cambiò tante cose anche dentro la scuola, compreso il grembiule, che fu a poco a poco abbandonato, perché ritenuto fattore di omologazione e appiattimento, troppo simile alla divisa, e com’essa gravida di richiami ad un ordine esteriore e alla disciplina imposta, nemica dell’originalità dell’individuo. In nome della spontaneità fu soppresso lo strumento che, almeno sul piano esteriore e formale, sembrava realizzare l’idea dell’uguaglianza.
E’ difficile dire se l’assenso del ministro, che dovrà però tener conto delle prerogative dell’autonomia, produrrà effetti visibili dentro le nostre aule. Trattasi infatti di materia attinente al regolamento interno, su cui sono competenti a decidere il consiglio di Circolo e d’Istituto. C’è da sperare che gli effetti ci siano, e che in seno agli organi collegiali siano validamente individuate e approfondite le possibili valenze formative. L’occasione è buona, infatti, per sottolineare la distinzione tra l’uguaglianza effettiva e le sue ricorrenti rappresentazioni. Il grembiule può essere per l’alunno qualcosa di più che un umile indumento, perché veicola l’idea di uguaglianza, obiettivo educativo permanente, aspirazione umana mai compiutamente realizzata e tuttavia oggetto di una scommessa continuamente rinnovata, che può coinvolgere anche gli alunni della scuola primaria.
Gabriele Uras
Dirigente Tecnico Ministero Istruzione in pensione
già Presidente Irsae Sardegna (poi Irre)
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