Cisl Sardegna: entro settembre sciopero generale per l’attuazione dei nuovi accordi. (dies 287/2008)
Cagliari - La Cisl sarda affida alla mobilitazione dei lavoratori e dei pensionati un nuovo tentativo per sollecitare un profondo cambiamento nelle politiche del lavoro e dello sviluppo.
«Siamo impegnati a costruire - ha detto mercoledì 16 luglio il segretario generale Mario Medde durante una conferenza stampa – le condizioni unitarie di una fermata totale in Sardegna nel prossimo settembre, che richiami tutti, in particolare Governo nazionale e Giunta regionale, sul tema dell’assenza e della la precarietà del lavoro, epicentro della crisi economica e sociale dell’isola, causa di inadeguatezza e disparità di reddito e di povertà diffusa». Analisi su cui sostanzialmente concordano anche Cgil e Uil che nei prossimi giorni riuniranno i loro organismi dirigenti per decidere le strategie future.
«Noi siamo per lo sciopero generale – ha ribadito Medde – che non si farà di sabato e non sarà una semplice manifestazione, come quella del 1° dicembre 2007, ma
un’astensione totale dal lavoro».
Il sindacato resta in attesa che Palazzo Chigi risponda alla richiesta, fatta un mese fa al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, di una
riunione OO.SS-Governo per la riapertura del tavolo delle trattative praticamente fermo da un anno.
L’incontro potrebbe avvenire entro questo mese.
La Cisl mette sul banco degli imputati Governo nazionale e Giunta regionale. «Non sono riusciti a realizzare - ha aggiunto Medde - gli interventi annunciati e gli accordi solennemente sottoscritti. La politica è chiaramente in difficoltà nel suo compito prioritario di risolvere i problemi dei sardi.
Né possiamo sperare nei poteri taumaturgici del G8, grande e importante evento, ma non in grado da solo di far camminare l’intera economia della Sardegna».
La dimensione della crisi è tale – secondo Medde – da richiedere una svolta nella politica sociale ed economica della Regione e l’apporto consistente dello Stato. Invece, i rapporti Stato-Regione sulle cose che contano ( lavoro, sviluppo, poteri e risorse) sono al minimo storico. Segno visibile di questa distanza tra Cagliari e Roma i numerosi accordi sottoscritti tra Regione e Governo rimasti inattuati, annunciati ma non compiutamente realizzati. A cominciare dall’Intesa istituzionale di
programma del 1999.
Anche l’impegno del 10 luglio 2007 che mirava a riscrivere integralmente quell’intesa, strutturata in 27 accordi di programma quadro, è finita in una sorta di porto delle nebbie. I patti sulla chimica stipulati nel luglio 2003 e quello sull’energia del dicembre dello stesso anno non hanno registrato avanzamenti significativi. Delle risorse della chimica, 300 milioni di euro, ne sono stati spese solamente 36, mentre i restanti 264 rischiano di essere cancellati.
Praticamente fermo l’accordo su energia e quello su trasporti e mobilità del 2004, che doveva essere sostenuto con 1200 milioni di euro. Nessuno parla più di Piano di rinascita, risorsa non solo legislativa riconosciuta dallo statuto sardo, cioè da una legge costituzionale.
«Lo sciopero generale serve anche per rimettere in moto questi accordi», ha spiegato Medde.
Il malessere sardo non è frutto di una situazione contingente, dovuta solo ai mercati internazionali, all’alto costo del petrolio, al rialzo dei tassi di interesse. La Sardegna è una regione strutturalmente sofferente. I numeri della crisi sono paurosi: quasi 300 mila persone in condizioni di povertà relativa o assoluta; su oltre 200 mila avviamenti al lavoro registrati nel 2007, due terzi sono stati a tempo determinato.
Il tasso di occupazione è fermo al 52,2, lontanissimo dal 70% previsto dall’obiettivo di Lisbona 2010. Il tasso di disoccupazione nel primo trimestre 2008 è al 13,5%: la differenza nell’arco di sei mesi è pari a quasi 5 punti percentuali, una «performance che – si legge nel rapporto trimestrale dell’Agenzia regionale del lavoro – non trova riscontri nella serie storica degli ultimi 15 anni». « Non vogliamo essere responsabili del silenzio della politica», ha commentato il segretario generale della Cisl affiancato dai segretari regionali Oriana Putzolu e Giovanni Matta.
Medde pensa a un vero e proprio new deal, in grado di affrontare le emergenze quotidiane, a una strategia che si faccia carico del rilancio dell’industria sarda, dell’inserimento al lavoro dei giovani, del miglioramento dei servizi a rete e della continuità territoriale, della valorizzazione fruizione del patrimonio ambientale, storico e culturale, del rilancio della formazione professionale, della riforma del diritto allo studio e della lotta alla dispersione scolastica. «Obiettivi – ha detto Medde - che valgono bene uno sciopero generale, che dovrà necessariamente effettuarsi entro settembre 2008 sia per la gravità dei problemi sul tappeto, sia per una campagna elettorale per le regionali praticamente già lanciata».
«Siamo impegnati a costruire - ha detto mercoledì 16 luglio il segretario generale Mario Medde durante una conferenza stampa – le condizioni unitarie di una fermata totale in Sardegna nel prossimo settembre, che richiami tutti, in particolare Governo nazionale e Giunta regionale, sul tema dell’assenza e della la precarietà del lavoro, epicentro della crisi economica e sociale dell’isola, causa di inadeguatezza e disparità di reddito e di povertà diffusa». Analisi su cui sostanzialmente concordano anche Cgil e Uil che nei prossimi giorni riuniranno i loro organismi dirigenti per decidere le strategie future.
«Noi siamo per lo sciopero generale – ha ribadito Medde – che non si farà di sabato e non sarà una semplice manifestazione, come quella del 1° dicembre 2007, ma
un’astensione totale dal lavoro».
Il sindacato resta in attesa che Palazzo Chigi risponda alla richiesta, fatta un mese fa al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, di una
riunione OO.SS-Governo per la riapertura del tavolo delle trattative praticamente fermo da un anno.
L’incontro potrebbe avvenire entro questo mese.
La Cisl mette sul banco degli imputati Governo nazionale e Giunta regionale. «Non sono riusciti a realizzare - ha aggiunto Medde - gli interventi annunciati e gli accordi solennemente sottoscritti. La politica è chiaramente in difficoltà nel suo compito prioritario di risolvere i problemi dei sardi.
Né possiamo sperare nei poteri taumaturgici del G8, grande e importante evento, ma non in grado da solo di far camminare l’intera economia della Sardegna».
La dimensione della crisi è tale – secondo Medde – da richiedere una svolta nella politica sociale ed economica della Regione e l’apporto consistente dello Stato. Invece, i rapporti Stato-Regione sulle cose che contano ( lavoro, sviluppo, poteri e risorse) sono al minimo storico. Segno visibile di questa distanza tra Cagliari e Roma i numerosi accordi sottoscritti tra Regione e Governo rimasti inattuati, annunciati ma non compiutamente realizzati. A cominciare dall’Intesa istituzionale di
programma del 1999.
Anche l’impegno del 10 luglio 2007 che mirava a riscrivere integralmente quell’intesa, strutturata in 27 accordi di programma quadro, è finita in una sorta di porto delle nebbie. I patti sulla chimica stipulati nel luglio 2003 e quello sull’energia del dicembre dello stesso anno non hanno registrato avanzamenti significativi. Delle risorse della chimica, 300 milioni di euro, ne sono stati spese solamente 36, mentre i restanti 264 rischiano di essere cancellati.
Praticamente fermo l’accordo su energia e quello su trasporti e mobilità del 2004, che doveva essere sostenuto con 1200 milioni di euro. Nessuno parla più di Piano di rinascita, risorsa non solo legislativa riconosciuta dallo statuto sardo, cioè da una legge costituzionale.
«Lo sciopero generale serve anche per rimettere in moto questi accordi», ha spiegato Medde.
Il malessere sardo non è frutto di una situazione contingente, dovuta solo ai mercati internazionali, all’alto costo del petrolio, al rialzo dei tassi di interesse. La Sardegna è una regione strutturalmente sofferente. I numeri della crisi sono paurosi: quasi 300 mila persone in condizioni di povertà relativa o assoluta; su oltre 200 mila avviamenti al lavoro registrati nel 2007, due terzi sono stati a tempo determinato.
Il tasso di occupazione è fermo al 52,2, lontanissimo dal 70% previsto dall’obiettivo di Lisbona 2010. Il tasso di disoccupazione nel primo trimestre 2008 è al 13,5%: la differenza nell’arco di sei mesi è pari a quasi 5 punti percentuali, una «performance che – si legge nel rapporto trimestrale dell’Agenzia regionale del lavoro – non trova riscontri nella serie storica degli ultimi 15 anni». « Non vogliamo essere responsabili del silenzio della politica», ha commentato il segretario generale della Cisl affiancato dai segretari regionali Oriana Putzolu e Giovanni Matta.
Medde pensa a un vero e proprio new deal, in grado di affrontare le emergenze quotidiane, a una strategia che si faccia carico del rilancio dell’industria sarda, dell’inserimento al lavoro dei giovani, del miglioramento dei servizi a rete e della continuità territoriale, della valorizzazione fruizione del patrimonio ambientale, storico e culturale, del rilancio della formazione professionale, della riforma del diritto allo studio e della lotta alla dispersione scolastica. «Obiettivi – ha detto Medde - che valgono bene uno sciopero generale, che dovrà necessariamente effettuarsi entro settembre 2008 sia per la gravità dei problemi sul tappeto, sia per una campagna elettorale per le regionali praticamente già lanciata».
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