L’Italia vera? Lo è anche la nostra. A proposito della manifestazione del 4 aprile (e di altro).
Chi parla è invece, questa volta il segretario della Flc Cgil, in un'appassionata descrizione "ante eventum" della manifestazione del 4 aprile, evidentemente ignaro di quanto il suo modo di ragionare finisca per collimare con quello dell'attuale capo del Governo.
Ad accomunarli è una concezione davvero "integralista" del proprio ruolo di soggetto politico o sociale: lungi dal viversi e dal proporsi come legittima espressione di "una parte" del Paese o di "una parte" del sindacato, ambedue si intestano, con una punta di presunzione, la rappresentanza del tutto. Esempi viventi di quella figura retorica, la sineddoche, che tutti abbiamo studiato e su cui ci rinfrescano la memoria.
Ma non è questa l'unica analogia che lega paradossalmente, in questo momento, la CGIL al partito di maggioranza: identica è la ricerca ossessiva del "nemico" da combattere, identica la tendenza a privilegiare lo scontro piuttosto che il dialogo e il confronto.
Con queste premesse, è inevitabile che entrambi finiscano per considerare le opinioni altrui, qualora non siano coincidenti con le proprie, sbagliate anziché soltanto "diverse".
Da qui il "fastidio" per un'opposizione con cui non vale la pena dialogare, perché cercare punti di intesa, così come attendere che il Parlamento discuta, rappresenta soltanto un inutile impiccio; da qui l'incapacità di pensare e praticare l'unità con gli altri sindacati, ai quali non si vorrebbe concedere altro che di "adeguarsi" alle proprie indiscutibili verità.
Non ci si stupisca, poi, se il clima politico è oltremodo intossicato da faziosità e intolleranza: sono questi gli atteggiamenti che le generano e le alimentano.
Il fatto, poi, che l'attuale Governo abbia sempre tratto, da questo clima, più vantaggi che danni, fa sì che il tentativo di condurre in modo "speculare" una battaglia di opposizione risulti non solo sbagliato, ma anche perdente.
Faccia il PDL i suoi congressi, e la CGIL le sue manifestazioni: sono atti di democrazia e in quanto tali legittimi e apprezzabili. Ma non si arroghino il diritto, che non hanno, di parlare a nome dell'intero Paese, né quello di rappresentare, da soli, l'intero mondo del lavoro. Meno arroganza, per favore, e più democrazia: è "vera" anche l'Italia che non sarà in piazza con voi.
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