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lunedì 27 aprile 2009

Lettere nell'etTere

ovvero
saggi di funambolismo letterario
di Umberto Violante


P


“Per Palermo prenderemo il primo ponte” progettò pensieroso Patroclo, portando nel portoncino un pesantissimo pacco che pigiò poi nel portabagagli della potente Porsche.

Patrizia, professoressa dal piglio prepotente, sul punto di partire piangeva per la penosa perdita di un portafoglio in pelle di pitone, che aveva posato poco prima, con poca prudenza, sul parabrezza.

Pensando di persuaderla a prestargli un poncho peruviano, il pusillanime Patroclo le propose, protettivo:

“Patriziuccia, piccola pera, prestami il poncho che prendesti a Puno e ti procurerò un portamonete più prezioso del primo, di pelle di pachiderma, di pinguino, di pekari, di plantigrado, di... parlamentare.”

“Perché tu lo perda al più presto?”

“Per piacere!”

“ Pepperepè!”

“Perfida! Piantala di pretendere pietà e prodigati per il povero Patroclo in partenza. Prendi il poncho, puliscilo, piegalo e porgimelo. Presto!”

Piena di prevenzione sulla pulizia e puntualità nei prestiti da parte del protervo e petulante Patroclo, Patrizia porse al pelandrone non il poncho preferito, ma un pareo polinesiano con pappagalli, papaveri purpurei e papillon pastello di Papeete, che Patroclo, un po’ perplesso, pesò col palmo:

“Che pelo particolare! Che paludamento, per un pioniere della Pampa o della Patagonia. Lo pensavo più pesante.”

“ Pirla del piffero! Ti pare un poncho? Pensi che me ne priverei per prestartelo e pertanto perderlo? Ti pesterei con una piccozza, pezzo di pidocchio! Parti, parti pure senza pigiama, ma prima, o pitocco, pagami la pigione!”

Pizzicato come un pivello e pur placido come un pollo in primavera, Patroclo pescò da una pila di pullover una polo e un paio di pantaloncini, posandoseli sui polpacci in una posa poco pratica e piuttosto perigliosa. Preoccupato per la precarietà della propria postura, Patroclo parlò al popolo in piedi sul palco:

“Prostitute! Pederasti! Papponi! Peripatetiche! Provate a profanare il palazzo con presenze peccaminose! Vi punirò con un pernacchio, porcaccioni!”

Un potentissimo petardo (o un potentissimo peto?) partì dal pubblico presente in piazza, che protestava con pathos preoccupante tramite piatti, pugni, pentole, pedule e parole pesanti.

Pur partecipando al putiferio, Patroclo, piegati i pedalini, si palpava i piedi in un piacevolissimo pediluvio nel pozzo della piazzetta, pregustando i piaceri della prossima partenza per Ponza o per Palinuro, paradisi dei pomicioni suoi pari.

Parata prontamente una pesantissima pietra proveniente dalla poco pacifica Patrizia, Patroclo pranzò pantagruelicamente al Pitosforo di Portofino pasteggiando a Pinot, poi passeggiò sulla Promenade pipando placidamente, indi si posizionò sulla Porsche posteggiata presso il Palazzo delle Poste, ma non poté partire, non perché in panne, ma perché privo di patente.

Al povero Patroclo la Provvidenza non permise di perseguire il piano preventivamente progettato; pertanto perse la prenotazione precedentemente pagatagli dal padre Paolo. Che pelandrone! Che parassita!

Pensa, pensa, pensa, pensò di provare con la proficua professione del palcoscenico, previo un provino con Proietti patrocinato dai Pupi di Pantelleria. Si piazzò per primo e, pertanto, poté partecipare alla pièce “Pignasecca e Pignaverde” nella parte di un pezzente presbite, parte particolarmente problematica, per cui fu premiato sul palco dei Parioli dalla procacissima Parietti come peggior protagonista.

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