La classe dirigente è scomparsa. Intervento di Gabriele Uras pubblicato oggi su L'Unione Sarda.
La classe dirigente è scomparsa. Così affermava Michele Brambilla qualche giorno fa sul quotidiano La Stampa di Torino. Viene da chiedersi se il desolato annuncio valga anche per la scuola. Ma appena ce lo chiediamo ci accorgiamo che prima di rispondere a questa domanda è necessario stabilire chi, nel mondo della scuola, debba essere considerato classe dirigente, se i funzionari che dirigono l'apparato amministrativo, dai Direttori Generali che lavorano al Ministero ai Direttori degli uffici scolastici regionali e provinciali, oppure i dirigenti scolastici, fino a ieri denominati Presidi o Direttori didattici.
Qualche anno fa la risposta sarebbe stata facile. Nel nostro sistema educativo, esisteva una sola dirigenza riconosciuta come tale, quella amministrativa. Le funzioni esercitate dai Presidi nelle scuole secondarie e dai Direttori didattici nelle scuole elementarI e dell'infanzia non avevano le caratteristiche di autonomia e di responsabilità in ordine alla gestione e al conseguimento dei risultati, che caratterizzano la funzione dirigente. Da ciò consegue che il nostro sistema scolastico era privo di una dirigenza degna di questo nome, non potendo essere considerato tale l'insieme dei dirigenti amministrativi, esperti di diritto e di gestione del personale (amministrativo), ma sprovvisti, per caratteristiche di ruolo, delle competenze culturali e pedagogiche necessarie per comprendere, seguire e "dirigere" il complesso mondo della scuola. Solo oggi, grazie a recenti provvedimenti di legge, esiste nel sistema dell'istruzione anche la figura del dirigente scolastico, distinta da quella del dirigente amministrativo.
Ma ancora non siamo in grado di rispondere al quesito formulato all'inizio. Prima dobbiamo sciogliere un altro dubbio: siamo sicuri che la funzione dirigente, conferita di recente agli ex presidi e agli ex direttori didattici, possa considerarsi tale a tutti gli effetti? Se bastasse la norma, la risposta sarebbe affermativa. Ma la norma non basta, e per rendercene conto, è sufficiente dare uno sguardo ad un dettaglio applicativo: il programma di esame dell'ultimo concorso direttivo. Con un lessico di sapore vagamente tecnologico, vi si delinea l'ampio profilo del "manager" della scuola, declinato in prevalenza sul gestionale e sull'organizzativo, culturalmente povero, ignaro dei contrassegni ideali e degli antecedenti storici del nostro sistema educativo, sguarnito di riferimenti a quelle scienze dell'educazione che danno sostanza e nerbo alla professionalità dei docenti ch'egli sarà chiamato a dirigere, motivare, valorizzare. Un manager della scuola digiuno di cultura pedagogica. Strana sorte, questa del dirigente scolastico, il quale, ottenuta per legge l'ambita qualifica di dirigente, si vede, grazie ad essa, collocato alla periferia della didattica, lontano dal cuore pulsante della scuola, dai luoghi e dalle attività deputati alla concreta erogazione del servizio. E che strano concorso, quello nel quale i criteri di selezione degli aspiranti fanno riferimento a competenze solo in parte congruenti con la funzione che dovrebbero esercitare.
Non sembri un paradosso, né si offendano i dirigenti scolastici o coloro che aspirano a diventarlo, ma vorrei suggerire a questi ultimi, soprattutto ai più preparati tra loro, di accantonare, per il momento, in vista degli imminenti cimenti concorsuali, le conoscenze pedagogiche e quella parte preziosa della loro cultura che ne fa dei bravi docenti, per dare la preferenza ad un buon manuale di teoria delle organizzazioni, alle competenze informatiche e in lingua inglese, alle norme sulla sicurezza e sulla formazione del bilancio, cose utili e necessarie, ma insufficienti a fare del dirigente una figura capace di promuovere, con la sua presenza attiva e corroborante, le qualità formative della comunità scolastica.
Torniamo alla domanda iniziale. Se ammettiamo che la classe dirigente è scomparsa anche nella scuola é come dire ch'essa un tempo c'è stata. Ciò è in parte vero, e pertanto rendiamone merito ai Presidi e ai Direttori didattici, i quali, in possesso delle necessarie competenze, pedagogiche e giuridiche, e in base ad esse reclutati, dirigevano scuole, spesso in modo egregio. Non erano dirigenti, ma erano, nel loro piccolo, classe dirigente. Ora sono scomparsi, mentre l'altra dirigenza, quella incoronata dalla legge, deve nei fatti ancora comparire.
Gabriele Uras
Dirigente tecnico MIUR in pensione
già Presidente IRRE Sardegna
Qualche anno fa la risposta sarebbe stata facile. Nel nostro sistema educativo, esisteva una sola dirigenza riconosciuta come tale, quella amministrativa. Le funzioni esercitate dai Presidi nelle scuole secondarie e dai Direttori didattici nelle scuole elementarI e dell'infanzia non avevano le caratteristiche di autonomia e di responsabilità in ordine alla gestione e al conseguimento dei risultati, che caratterizzano la funzione dirigente. Da ciò consegue che il nostro sistema scolastico era privo di una dirigenza degna di questo nome, non potendo essere considerato tale l'insieme dei dirigenti amministrativi, esperti di diritto e di gestione del personale (amministrativo), ma sprovvisti, per caratteristiche di ruolo, delle competenze culturali e pedagogiche necessarie per comprendere, seguire e "dirigere" il complesso mondo della scuola. Solo oggi, grazie a recenti provvedimenti di legge, esiste nel sistema dell'istruzione anche la figura del dirigente scolastico, distinta da quella del dirigente amministrativo.
Ma ancora non siamo in grado di rispondere al quesito formulato all'inizio. Prima dobbiamo sciogliere un altro dubbio: siamo sicuri che la funzione dirigente, conferita di recente agli ex presidi e agli ex direttori didattici, possa considerarsi tale a tutti gli effetti? Se bastasse la norma, la risposta sarebbe affermativa. Ma la norma non basta, e per rendercene conto, è sufficiente dare uno sguardo ad un dettaglio applicativo: il programma di esame dell'ultimo concorso direttivo. Con un lessico di sapore vagamente tecnologico, vi si delinea l'ampio profilo del "manager" della scuola, declinato in prevalenza sul gestionale e sull'organizzativo, culturalmente povero, ignaro dei contrassegni ideali e degli antecedenti storici del nostro sistema educativo, sguarnito di riferimenti a quelle scienze dell'educazione che danno sostanza e nerbo alla professionalità dei docenti ch'egli sarà chiamato a dirigere, motivare, valorizzare. Un manager della scuola digiuno di cultura pedagogica. Strana sorte, questa del dirigente scolastico, il quale, ottenuta per legge l'ambita qualifica di dirigente, si vede, grazie ad essa, collocato alla periferia della didattica, lontano dal cuore pulsante della scuola, dai luoghi e dalle attività deputati alla concreta erogazione del servizio. E che strano concorso, quello nel quale i criteri di selezione degli aspiranti fanno riferimento a competenze solo in parte congruenti con la funzione che dovrebbero esercitare.
Non sembri un paradosso, né si offendano i dirigenti scolastici o coloro che aspirano a diventarlo, ma vorrei suggerire a questi ultimi, soprattutto ai più preparati tra loro, di accantonare, per il momento, in vista degli imminenti cimenti concorsuali, le conoscenze pedagogiche e quella parte preziosa della loro cultura che ne fa dei bravi docenti, per dare la preferenza ad un buon manuale di teoria delle organizzazioni, alle competenze informatiche e in lingua inglese, alle norme sulla sicurezza e sulla formazione del bilancio, cose utili e necessarie, ma insufficienti a fare del dirigente una figura capace di promuovere, con la sua presenza attiva e corroborante, le qualità formative della comunità scolastica.
Torniamo alla domanda iniziale. Se ammettiamo che la classe dirigente è scomparsa anche nella scuola é come dire ch'essa un tempo c'è stata. Ciò è in parte vero, e pertanto rendiamone merito ai Presidi e ai Direttori didattici, i quali, in possesso delle necessarie competenze, pedagogiche e giuridiche, e in base ad esse reclutati, dirigevano scuole, spesso in modo egregio. Non erano dirigenti, ma erano, nel loro piccolo, classe dirigente. Ora sono scomparsi, mentre l'altra dirigenza, quella incoronata dalla legge, deve nei fatti ancora comparire.
Gabriele Uras
Dirigente tecnico MIUR in pensione
già Presidente IRRE Sardegna
Etichette: dirigenti, Dirigenti Scolastici
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