Pensioni. Provvedimento punitivo che le donne della scuola non meritano
Pesanti effetti: ci vuole davvero poco a comprendere quanto possa essere problematico, per una docente di scuola dell'infanzia, accudire e formare a 65 anni ventotto bambini di età compresa fra i tre e i cinque anni (e magari anche più piccoli, secondo i dettami della moda anticipataria!).
Evidenti contraddizioni: all'Italia si contesta il fatto che la norma sul pensionamento a 60 anni sarebbe discriminante per le donne, in quanto impedirebbe di acquisire, con una più prolungata permanenza al lavoro, una condizione retributiva di maggior vantaggio. Come si fa a non capire che l'uscita a 60 anni è un'opportunità, e non un'imposizione? Possibile che la Commissione Europea non se ne sia accorta? Possibile che nessuno sia stato in grado di farglielo comprendere?
Alle donne che lavorano tocca così subire, oggi, un provvedimento che appare al tempo stesso punitivo e in aperto contrasto con l'obiettivo di sostenere la produttività e l'efficacia del lavoro: il caso sopra descritto è al riguardo emblematico.
Continua, inoltre, la schizofrenia di una produzione legislativa che da un lato "imprigiona" fino a 65 anni chi vorrebbe lasciare il lavoro, dall'altro espelle chi, magari con età anagrafica più bassa, ben volentieri rimarrebbe in attività ma non può farlo, avendo maturato 40 anni di contributi.
Su tutto questo è più che mai indispensabile che il Governo tenga fede all'impegno di un serio confronto con le parti sociali: per noi della scuola è ancora più urgente, perché la categoria, in larga parte composta da donne, non merita e non può sopportare quest'ulteriore pesante onere.
Roma, 10 giugno 2010
Francesco Scrima, Segretario Generale CISL Scuola
Etichette: dichiarazioni Scrima, pensioni



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