Tra le innovazioni promosse dal ministro Gelmini figura anche l’introduzione, per ora in via sperimentale, nelle scuole di ogni ordine e grado dell’insegnamento di una nuova disciplina di studio, chiamata “Cittadinanza e Costituzione”, nuova per quanto concerne la denominazione, tutt’altro che nuova quanto ai contenuti. Le relative istruzioni sono elencate in un ampio documento d’indirizzo risalente al mese di marzo del 2009, nel quale sono anche presentate le ragioni della scelta e richiamati gli antecedenti storici. Essa abbraccia, oltre ai temi classici dell’educazione civica, tra i quali la conoscenza della Carta Costituzionale, quelli dell’educazione alla salute, stradale, ambientale e alla legalità, senza tralasciare la sensibilizzazione ai valori del volontariato, al rispetto delle regole, e ai principi della correttezza e della lealtà nella pratica sportiva. Nell’annunciare l’avvio della sperimentazione, il ministro ha espresso l’auspicio che la scuola diventi una palestra di democrazia e favorisca la partecipazione degli studenti agli organismi di rappresentanza ai diversi livelli, dalla classe all’istituto, fino all’impegno nelle Consulte e nelle Associazioni studentesche.
Va precisato che non si tratta di una disciplina autonoma, ma di un raggruppamento di contenuti, da impartire nell’ambito delle aree storico-geografica e storico-sociale. Il documento d’indirizzo precisa che l’ampia gamma di sollecitazioni formative proprie del nuovo insegnamento chiama in causa tutto il corpo docente, non solo i titolari delle discipline di riferimento. Precisazione condivisibile ed anzi necessaria, giacché gli obiettivi da raggiungere non sono soltanto la conoscenza dell’ordinamento della repubblica e delle regole di esercizio della cittadinanza, ma anche l’interiorizzazione dei principi e dei valori che li fondano e l’avvio alle buone pratiche della cittadinanza democratica in situazione.
Il documento d’indirizzo evita di soffermarsi sull’aspetto riguardante la conoscenza degli statuti regionali, presenti nella legge, forse nella convinzione ch’essi siano materia troppo specifica e pertanto di ardua comprensione per i giovani. Sarà compito delle istituzioni scolastiche autonome, in primo luogo quelle secondarie, di primo e secondo grado, recuperare il tema per quanto concerne la nostra Isola, dove le specificità non mancano, nel presupposto, metodologicamente fecondo, che il generale e lo specifico si richiamano reciprocamente, e che la Costituzione italiana e lo Statuto sardo si comprendono meglio se messi a confronto e collocati sullo sfondo dei principi ispiratori comuni.
Per motivare i docenti e gli studenti a prendere parte alla sperimentazione, il ministero, dopo che il Parlamento ha approvato la legge, e dopo avere stabilito i contenuti della nuova disciplina, si è fatto altresì carico di alcuni interventi volti a promuovere l’adesione all’innovazione da parte delle scuole. E così, tra le altre cose, nel mese di maggio, ha bandito un concorso, mettendo in palio un milione di euro, da assegnare ai migliori progetti tra quelli presentati. E’ una forma d’incentivazione che qualcuno disapprova, perché rischia di premiare non l’amore disinteressato per lo studio, ma il desiderio del guadagno materiale, dimenticando che il premio viene assegnato alla scuola e non ai partecipanti al progetto, siano essi allievi o docenti, e che esso può convertirsi in ulteriori opportunità di studio, come l’acquisto di pubblicazioni o il finanziamento di visite alle istituzioni rappresentative dove le cose studiate divengono concretezza di luoghi, di persone, di eventi reali. Purtroppo, i progetti presentati dalle nostre scuole, 14 a fronte, per fare un esempio, dei 52 dell’Abruzzo e dei 46 della Liguria, evitano l’argomento, come se i riferimenti alla storia, alla cultura e alla limba, bastassero a soddisfare i bisogni informativi dei nostri studenti sulla realtà sarda e le connesse esigenze identitarie.
Va anche segnalato che la graduatoria del concorso vede la nostra Isola al terz’ultimo posto quanto a numero di progetti presentati, seguita solo dal Trentino e dal Molise. Ciò non vuol dire che nelle scuole sarde si dia poca importanza alla Costituzione e all’educazione alla cittadinanza, ma il dato andrebbe comunque analizzato, perché chiama in causa, sia pure con riferimento a un aspetto per certi aspetti marginale, il funzionamento della scuola in Sardegna.
Gabriele Uras
Dirigente Tecnico MIUR in quiescenza
già Presidente IRRE Sardegna
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